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Vera
Segre, Castel San Pietro,
Società
di storia dell’arte in Svizzera, Berna, 2006, pp. 24-35
La chiesa parrocchiale di S.
Eusebio
Storia
e struttura dell’edificio
L’attuale
chiesa parrocchiale di S. Eusebio, uno dei gioielli del barocco
ticinese, venne edificata come rifacimento di un’antica chiesa
medievale (documentata dal 1270), giudicata fatiscente nelle visite
pastorali cinquecentesche, che testimoniano anche la presenza di
antiche pitture murali ridotte ormai in cattivo stato.
La
ristrutturazione avvenne in più fasi. Una prima ricostruzione,
testimoniata dalle visite pastorali fra il 1582 e il 1599, sortì un
edificio a tre navate, cui vennero aggiunti il campanile, ornamenti
e dipinti all’interno, fino a raggiungere uno stato di
soddisfacente completezza nel 1627. Come attesta un documento
conservato nell'Archivio parrocchiale, nel 1677 lo stuccatore
AGOSTINO SILVA (vedi biografia
in calce) di Morbio Inferiore approntò per il comune di Castel
San Pietro i disegni di una nuova costruzione a navata unica che fu
edificata nei decenni a seguire all’interno della precedente, con
l'inglobamento di alcune sue parti, mentre il campanile fu mantenuto.
Il disegno del coro ad emiciclo, eseguito a partire dal 1756, venne
fornito dallo stuccatore FRANCESCO POZZI (1704-1789) di Castel San
Pietro, pure autore dei presbiterio e della facciata a due ordini.
La facciata
della chiesa è stata restaurata nel 1912 dall’architetto DONATO
BRAZZOLA (1844-1927), che in quella stessa occasione sistemò sopra
il portale in serizzo la statua di S.
Pietro da lui stesso donata alla chiesa. Organizzata su due
ordini, la facciata presenta un corpo centrale massiccio che emerge
rispetto alle ali, sottolineato sui lati da due lesene doriche.
Anche la trabeazione del primo ordine richiama il dorico con il
motivo ripetuto dei triglifi (pietre quadrangolari con tre
scanalature verticali). Il secondo ordine segue con le sue
modanature le curve della grande finestra centinata e stuccata al
centro della facciata, coronata da un timpano triangolare e da una
croce di ferro. Le ali laterali recano semplici specchiature.
I
recenti restauri dell'esterno della chiesa hanno restituito
leggerezza a questa equilibrata architettura settecentesca con
intonaci chiari che alternano il rosa al giallo con modanature e
cornici bianche.
L’interno
della chiesa è articolato da pilastri corinzi che scandiscono la
navata voltata a botte, il coro ad emiciclo e le quattro cappelle
laterali. L’architettura forma un insieme particolarmente
armonioso con la decorazione pittorica e a stucco.
Gli
affreschi dei presbiterio (Esaltazione
della Croce, 1756) e del catino absidale (Angeli
in adorazione del Santissimo Sacramento, 1758), con le loro
ardite costruzioni prospettiche in diagonale, sono di CARLO
INNOCENZO CARLONI (vedi
biografia in calce), insieme alle grandi e teatrali tele con il Concilio
di Milano e il Battesimo
di S. Eusebio nelle pareti laterali del presbiterio
costituiscono l’opera più importante dei Carloni in Canton Ticino,
caratteristica del suo periodo maturo. Il gruppo della Trinità
nell’Esaltazione della Croce
ricorre in analoghe glorie per volte e catini absidali dell'area
bresciana e bergamasca databili al sesto decennio del Settecento.
Altrettanto si può dire per le composizioni dei gruppi di angeli
adoranti, spesso riprese dal Carloni con poche varianti.
Gli
stucchi realizzati da FRANCESCO POZZI armonizzano mirabilmente con
gli affreschi del Carloni, tanto da far pensare a una progettazione
comune. Numerosi motivi decorativi si ritrovano sia nei dipinti che
negli stucchi, i quali, eseguiti in un secondo momento, paiono
riprendere spunti e interagire con il discorso pittorico. Gli
stucchi eseguiti da Francesco Pozzi a Castel San Pietro con la
collaborazione dei figli, con i quali formava una apprezzatissima
bottega di stuccatori molto richiesti e attivi nella Germania
meridionale e in particolare nella zona intorno al lago di Costanza,
corrispondono alla fase di apogeo stilistico di Francesco, nella
scia dei rococò tedesco tendente al rocaille. Gli stucchi di S.
Eusebio rappresentano in questo senso un unicum in Canton Ticino e
si avvicinano, per la maturità e la sapienza del linguaggio
raggiunte, alla decorazione del duomo di Arlesheim (1759-1761).
Le cappelle laterali
sono dedicate alle Anime Purganti e alla Beata Vergine sulla destra,
a S. Antonio da Padova e al S. Crocefisso sulla sinistra.
Sarebbero
di mano di AGOSTINO SILVA le statue di Davide
e Salomone e dei SS. Gioacchino e Giuseppe ai lati dell'altare della Beata Vergine,
risalenti all'ultimo periodo di attività dell'artista, le quali
preludono, con il loro forte dinamismo e le linee spezzate e
sfrangiate dei panneggio, a un'evoluzione stilistica in direzione
dei rococò.
Più antichi e molto interessanti sono gli stucchi
della cappella del S. Crocefisso, realizzati fra il 1689 e il 1690
dallo stuccatore della Val d’Intelvi GIOVANNI BATTISTA BARBERINI
(1625-1692). Essi elaborano in una composizione di vasto respiro e
forte espressività il tema del pianto per la morte di Cristo da
parte di S. Giovanni Evangelista, e della Maddalena ai piedi della
Croce, lo svenimento della Vergine e il dolore delle altre due pie
donne. Il Crocefisso ligneo, di grandezza naturale, proviene da Como e secondo
una tradizione locale sarebbe originario della Spagna. Affiancano la
nicchia dove esso è collocato figure di angeli in volo e i due Santi
Fermo e Defendente simmetricamente situati ai lati. La cappella
fu completata a cura della famiglia Pozzi. L'esecuzione dei
tabernacolo venne seguita da FRANCESCO POZZI, mentre DOMENICO vi
collocò alcune notevoli tele: la Samaritana
al pozzo, l'Incoronazione
di spine e la Flagellazione,
che riprende il notturno dipinto per la chiesa di Cabbio. Oggi il
pregevole dipinto della Samaritana
al pozzo, firmato e datato 1776 sul retro della tela,
debitamente restaurato, si trova esposto sul lato destro della
navata. Nella volta della cappella del S. Crocefisso, l’Ascensione
di Cristo, di Pietro Bianchi, detto il Bustino, del 1689.
Rispettivamente nella navata, sulla sinistra, e sulla
porta della sacrestia si trovano due interessanti tele barocche di
ANGELO POZZI, un artista citato dai documenti, ma del quale non si
conoscono purtroppo i dati biografici, dedicate ai temi
veterotestamentari del Sacrificio
di Isacco e del Sacrificio
di Jefte. Il primo venne eseguito fra il 1785 e il 1786.
Entrambi i dipinti sono stati restaurati nel 1994.
Seicenteschi sono anche gli stucchi che ornano la volta
a botte lunettata della navata centrale, eseguiti nel 1686-1687 da
ANTONIO CARABELLI (1648-1694) di Obino, artista che svolse gran
parte della propria attività a Salisburgo.
L’altare di marmo del comasco ANTONIO MONZINI (documentato
1759-1798) venne messo in opera nel 1759 e nel 1783 lo stuccatore
FRANCESCO CARABELLI (1737-1798) venne compensato per i suoi
interventi nel sovrastante ciborio, che facevano seguito a quelli
eseguiti ad intaglio per mano del più anziano fratello, GIUSEPPE
ALBINO CARABELLI (1721-1803) di Obino, risalenti a cinquant’anni
prima. Di Antonio Monzini, marmista che teneva bottega a Como in
Borgovico, si ricordano negli immediati dintorni di Castel San
Pietro l'ossario di Balerna, terminato nel 1759, l'ancona marmorea
sull'altare della chiesa parrocchiale di Caneggio, altari e
balaustre nella chiesa parrocchiale di Ligornetto, nella chiesa
parrocchiale e nella chiesa dei Carmelo di Coldrerio. La balaustra
policroma a chiusura dei presbiterio è invece opera del marmista
GIACOMO PELLEGATTA di Viggiù e venne collocata nel 1765.
Il
notevole organo è stato
restaurato fra il 1983 e il 1985. Le parti esterne in legno, cioè
la cassa, la cantoria e la bussola vennero eseguite da GIUSEPPE
ALBINO CARABELLI negli anni 1767-1771. Le settecento canne, invece,
vennero realizzate da ANDREA LUIGI SERASSI (1725-1799) di Bergamo,
insieme al figlio GIUSEPPE (1750-1817), nel 1771. Nel 1882 i
fratelli PIETRO e LORENZO BERNASCONI di Varese hanno sottoposto lo
strumento a un rifacimento che nondimeno ha conservato la quasi
totalità delle canne settecentesche, cui si deve la qualità
timbrica chiara e argentina ancora oggi apprezzata nell'organo di S.
Eusebio.
Agostino Silva (1628-1706)
L’artista di Morbio Inferiore, figlio dello stuccatore Francesco
Silva, è conosciuto soprattutto per la sua importante attività di
decoratore a stucco, che lo portò ad eseguire significative opere
sia in ambito lombardo, come alcune cappelle nel santuario di
Ossuccio o decorazioni e altari nel duomo e nella chiesa di S.
Giuliano a Como, così come in prestigiosi cantieri dell’Italia
centrale, quali Assisi, Spello e il duomo di Urbino. In Canton
Ticino si ricordano anche la statua di
S. Abbondio
in terracotta dipinta nel coro della chiesa parrocchiale di
Genestrerio, la statua di S. Carlo
nella chiesa di S. Maria di Mendrisio, notevoli stucchi nel
presbiterio del santuario di S. Maria dei Miracoli a Morbio
Inferiore. Agostino aveva ricevuto una formazione romana presso
l’Algardi e a contatto con Antonio Raggi, in un ambiente quindi
che coniugava con duttilità tardomanierismo, barocco e classicismo.
Meno chiaramente documentata è la sua attività di architetto,
attestata con sicurezza per Castel San Pietro e a Como per il
rifacimento dei collegio Gallio, nonché per un progetto di S.
Giorgio in Borgovico; altre attribuzioni riguardano, sempre a Como,
palazzo Volpi e la scomparsa facciata di S. Margherita, la
ristrutturazione barocca dell'interno di S. Giuliano, con forti
accenti borrominiani, oltre alla facciata della collegiata e della
casa arcipretale di Balerna, nonché la villa Turconi a Loverciano.
Carlo Innocenzo Carloni
(1686/87-1775)
E’ l'esponente di maggior
spicco e prestigio di una famiglia di artisti provenienti dal comune
intelvese di Scaria, nota fin dal Cinquecento e distintasi per
vastissima operosità, con membri attivi a Genova, in Piemonte e poi
in Austria e in Germania, a capo di importanti cantieri, dove
lavorano come architetti, ma anche come pittori e stuccatori. La
carriera di Carlo Innocenzo e del fratello Diego Carloni presso le
regge tedesche di Ludwigsburg e Ansbach segna il massimo successo di
una tradizione secolare di emigrazione artistica. Negli anni della
maturità Carlo Innocenzo torna però ad operare nell’Italia
settentrionale, con attività instancabile, impegnato in commissioni
molto varie, sia su tela che ad affresco, per la decorazione di
palazzi nobiliari o per ordini religiosi, comunità parrocchiali e
confraternite, diffondendo capillarmente il proprio stile tardo
rococò in località anche periferiche.
Domenico Pozzi
(1744-1796)
Figlio
minore dei già citato stuccatore Francesco Pozzi di Castel San
Pietro, rivela un talento molto precoce per la pittura; si forma a
Milano, a Parma e a Roma, quindi lavora in Germania, in Italia e in
Svizzera. E’ apprezzato ritrattista, al servizio di aristocratici
committenti, ma anche frescante chiamato a decorare palazzi come
villa Olmo a Como e chiese, come la cattedrale di Soletta, nonché
la Vergine dei Carmelo a Coldrerio e la chiesa parrocchiale di
Cabbio. Suoi dipinti si trovano anche nella chiesa di S. Giovanni
Battista a Mendrisio.
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Società di storia dell’arte in
Svizzera (SSAS)
Guide storico-artistiche della Svizzera
ISBN: 978-3-85782-801-0
Italiano SKF-0801I
Deutsch SKF-0801D |
Arte e
Terra
a Castello
Associazione
per il futuro
del patrimonio
culturale a
Castel San Pietro
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